Sarà una settimana impegnativa, perché la recente ordinanza che proroga la chiusura delle scuole stante l'emergenza Coronavirus, mi obbligherà a organizzare tutte le mie lezioni attraverso video e/o PPT et similia, e sebbene ami le sfide e confrontarmi con una didattica innovativa, devo considerare che lo smart working non è sempre tutto rose e fiori, tanto più quando abiti in 90 metri quadrati e sarai costretta a condividerli h24 con i tuoi figli, che sebbene nel mio caso, siano piuttosto docili e collaborative, richiedono attenzioni che sono di gran lunga maggiori a quelle che dovresti avere per un pesce rosso. Eh già, perché quelli che: "Che fortuna che puoi lavorare da casa!" forse non ci hanno mai provato a fare una conference video call, con una bambina che improvvisamente sbuca da dietro travestita da Pocahontas o ti chiama perché è finita la carta igienica; o ancora non ha mai dovuto mettersi al tavolo di lavoro, quando intorno tutto sembra avere la precedenza su quel che progetto che deve essere finito entro la giornata: vorrai mica farli morire di fame questi figli, e poi cosa fai? Li lasci correre e rotolarsi su un tappeto di briciole? E quel fastidioso fischio che ti segnala che il ciclo di lavaggio è finito? Non puoi certo ignorarlo, a meno che tu non sia disposta a passare tutta la sera a stirare panni, talmente sgualciti, che neppure il più performante dei ferro da stiro riuscirebbe a rendere indossabili. E poi tutta quella "consulenza" gratuita che devi prestare ai "coworker" del tuo improbabile ufficio domestico: "mamma, ti ricordi per caso (già per caso!) cosa è una perifrasi?" "Cosa avevi detto? I sostantivi che finiscono in -lein sono neutri?" Insomma, qua se non ci si organizza, si muore, e non di Coronavirus! Ci auguriamo tutti, che questo stato di allerta rientri e di tornare velocemente alla normalità, tuttavia questa settimana potrebbe rivelarsi più produttiva dell'ipotizzato, se abbracciamo l'idea che anche questa è un'occasione data per stare diversamente con i nostri cari. Probabilmente, per chi come me ha la possibilità di lavorare da casa (o gode di una riduzione di orario stante l'emergenza), bastano pochi accorgimenti, per far sì che questa ulteriore settimana a regime alternativo, dove molte mamme saranno relegate in casa h24 a gestire casa, lavoro e figli, e un'improvvisata homeschool per chi ha figli in età scolare, non sia una fase a cui sopravvivere, ma un momento privilegiato in cui consolidare buone abitudini e rafforzare i legami famigliari. Sebbene mi sia chiaro che quello che funziona per la mia famiglia, non sia necessariamente giusto per le altre, penso che condividere qui la nostra esperienza tra homeschooling e smart working, possa aiutare ed ispirare chi mi segue, qui e su IG. ORGANIZZATE LA VOSTRA ROUTINE Questa emergenza ci ha insegnato anzitutto l'importanza della flessibilità, che però possiamo imparare ad esercitare solo se abbiamo una routine che scandisce le nostre giornate. Per cui, al di là che vi svegliate alle 7:00 o alle 8:30, l'importante sarebbe mantenere invariati gli orari del risveglio, del pranzo, delle ore dedicate al lavoro, allo studio, al gioco e del relax. Questo consente di avere una percezione di normalità e garantisce enormi risultati in termini di performances lavorative e di studio. Io mi alzo sempre prima delle mie bambine, perché - anche in circostanze normali - ho bisogno di bere il mio caffè con tranquillità mentre leggo il Vangelo del giorno, che rappresenta il vero carburante della mia giornata; mi dedico poi al mio lavoro per almeno tre quarti d'ora, prima di svegliare le ragazze. PRENDETIVI CURA DI VOI E DELL'AMBIENTE DI LAVORO Chi mi segue su Instagram, conosce la mia abitudine di indossare una vestaglia da camera, ma sa anche che sotto alla vestaglia (a meno che non si tratti di stories fatte di primo mattino o alla sera) sono vestita con abiti "civili". Non permetto neppure alle bambine di stare in pigiama durante il giorno: pretendo che ogni giorno si cambino e siano decorose, anche se la giornata non prevede uscite (le obbligo perfino a legarsi i capelli), perché nessuno di noi andrebbe a lavorare o a scuola in pigiama, e allora, se vuoi prendere seriamente lo smart working e l'homeschooling, essere decoroso, non è un dettaglio, ma un must. E lo stesso dicasi dell'ambiente; senza diventare delle fanatiche come me (!), prima di mettervi alla scrivania o al computer, sistemate la casa: io dedico a questa attività poco più di un'oretta ogni mattina quando vado a scuola, e in questi giorni non ho cambiato abitudini, e se decido di fare qualcosa extra (cambio lenzuola, vetri, ecc.) mi alzo un po' prima, in modo da non sottrarre tempo al mio lavoro di insegnante. Lavorare in un ambiente pulito ed ordinato mi aiuta a concentrarmi e mi mette di buon umore e di conseguenza aumenta la mia produttività, ma anche quella delle mie figlie, che sanno che ci sono spazi per lo studio e spazi per il gioco e che entrambi non sono la terra di nessuno, ma spazi di cui aver cura. HARD THINGS FIRST I life coach americani usano quest'espressione per suggerire ai loro clienti di concentrarsi anzitutto sui compiti sentiti come i più pesanti; le mie ragazze sono libere di organizzarsi come meglio credono, per cui non chiedo loro di dedicarsi ai compiti più impegnativi alla mattina, l'unica mia indicazione è quella di stilare un piano di studio della giornata sulla base di una loro precedente pianificazione settimanale, che per quanto flessibile, sia un chiaro riferimento. Tendenzialmente loro studiano la mattina o seguono le videolezioni o le audio lezioni e poi passano ai compiti scritti, che le impegnano anche nel pomeriggio. Io invece ho imparato ad iniziare la mia smart working day con le attività più impegnative, che per me sono legate proprio alla mia formazione; in effetti, non è la registrazione della videolezione in sé ad essere impegnativa, ma tutto ciò che ci sta dietro: rispolvera gli argomenti, mediali in modo che siano comprensibili a tutti, pianifica gli esercizi a supporto, dai un ordine a tutto, pensa alla gestione dell'imprevisto e a come tenere l'attenzione sempre alta, tanto più a distanza. Per cui c'è tutto un lavoro di progettazione e formazione, che poi va adattato al supporto tecnologico scelto. PIANIFICATE ANCHE LE PAUSE A scuola, i ragazzi non fanno pausa quando gli pare ed immagino che ne comprendiate le ragioni. Lo stesso deve valere per quando si è costretti a studiare/lavorare a casa: però a casa nostra i break durano più dell'intervallo scolastico, perché credo che sia giusto gratificare i bambini che si sono dimostrati obbedienti e collaborativi. E la pausa è davvero una pausa, per cui le mie ragazze possono fare quello che più le fa rilassare: uno sguardo al cellulare, una mezz'oretta di gioco con le Barbies per la più piccola, una partita a carte tutte insieme; la pausa di metà mattina e di metà pomeriggio sono l'occasione per uno spuntino che aiuti a recuperate le energie fisiche e mentali, e soprattutto mi consentono di evitare di sentire quelle fastidiose litanie tipiche dell'ora di pranzo e/ di cena: "E' pronto? A che ora si mangia? Ho fameeee!" che farebbero perdere la pazienza pure ad un monaco tibetano.
SEGNATE I CONFINI Il limite di chi lavora da casa è spesso quello di non saper più distinguere tra il tempo lavoro e quello famigliare, per cui è tutto mescolato, e così capita che mentre aspetti che l'acqua della pasta raggiunga il bollore, mandi una mail. Certo ci sono momenti in cui le urgenze ci chiedono di essere multitasking, ma bisogna far attenzione, perché il pericolo alienazione è dietro l'angolo. Per cui, di comune accordo, abbiamo stabilito che le attività didattiche delle ragazze terminino attorno alle 17, in modo da dedicarsi ad un po'di lettura o musica, se non ne hanno avuto modo durante a giornata; il mio "ufficio" invece chiude i battenti verso le 18, e se proprio devo fare gli straordinari, quelli sono rimandati a dopo cena. Fortunatamente, mi capita raramente in questi giorni, perché tra i guadagni di questo isolamento, c'è quello di non aver dovuto attraversare il lombardo veneto, in questi giorni, per le attività extrascolastiche delle mie figlie, e in termini di tempo e di benzina risparmiata, sono nettamente in vantaggio. E così ci dedichiamo alla cucina, oppure guardiamo un po' di TV insieme, ci prepariamo per la cena in attesa che torni il papà. Nonostante la nostra organizzazione, ogni tanto qualcosa salta e così ogni giorno è diverso dall'altro, qualcuno trascorre senza intoppi, altri invece mettono a dura prova anche il mio sfrenato ottimismo, ma noi continuiamo a pensare che poter passare del tempo a casa, insieme e in salute (quante cose ci sta insegnando questa tragedia di portata internazionale), perfino lavorando e studiando, sia una opportunità e non un limite. Il Coronavirus sostanzialmente non ci costringe a sopravvivere, ma a vivere con più consapevolezza il tempo che ci è dato.
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Oggi la scuola punta sulle conoscenze tanto quanto sulle competenze; evito di ammorbarvi con riferimenti ai quadri normativi per la didattica, vi basti sapere che tra le competenze chiave europee, vengono annoverate quelle sociali e civiche: “Agire in modo autonomo e responsabile, conoscendo e osservando regole e norme, con particolare riferimento alla Costituzione. Collaborare e partecipare comprendendo i diversi punti di vista delle persone." Dunque, la scuola si impegna a creare occasioni di apprendimento che consentano ai nostri figli di imparare a collaborare, ad essere partecipativi ed a comprendere i diversi punti di vista. Come insegnante, non posso che essere d'accordo sul fatto che la scuola lavori con questo intendimento, tuttavia, ritengo che anche la famiglia dovrebbe assumere questo incarico in maniera più consapevole; troppe volte mi trovo davanti a ragazzini poco tolleranti, poco propositivi e soprattutto poco inclini ad ascoltare le opinioni altrui. Cosa possono fare le famiglie a questo proposito? Anzitutto riappropriarsi del proprio ruolo guida ed educativo, e poi garantire ai propri figli uno spazio di ascolto e confronto. Come mamma di preadolescenti so bene che man mano che i figli crescono, le occasioni di dialogo tendono a diminuire: una maggiore ritrosia a confidarsi, una vita frenetica tra sport ed impegni scolastici possono contribuire ad un’erosione del tempo famiglia ed ad una riduzione dei momenti di dialogo; tuttavia la posta in gioco è troppo alta, perché non si tenti di conservare o magari creare nuovi spazi di dialogo con i nostri figli. Inoltre, come insegnante posso garantirvi che i bambini che si sentono a loro agio e correttamente valorizzati nella loro struttura famigliare, tendono ad avere performances scolastiche migliori, proprio perché più sicuri, più capaci di esprimere un punto di vista rispettoso; tendenzialmente sono più ricettivi, perché le loro abilità di ascolto sono più sviluppate. Prima di procedere con la lettura, vi invito a fare un piccolo test; provate a rispondere a queste domande: "Quale è la materia preferita di vostro figlio? Che cosa lo mette in imbarazzo? Che cosa lo spaventa? Chi sono i suoi tre amici più stretti? Per vostro figlio, cosa rende una giornata, una “buona giornata”? Chi è la sua insegnante preferita? Ma soprattutto perché è la sua preferita?" Immagino che le mamme dei bambini più piccoli risponderanno con più agio, mentre quelle dei ragazzini, potrebbero essere prese da qualche dubbio. State pure tranquille, perché il punto non è conoscere ogni più intimo pensiero dei nostri figli, che hanno diritto alla loro privacy, esattamente come noi. La questione è davvero un'altra: garantire la nostra presenza e la possibilità di ascoltarli, quando loro (senza alcuna forzatura) ne sentono la necessità; ma va da sé, che se vivono in un ambiente animato da un dialogo effervescente, dove ogni punto di vista viene valorizzato, sarà più facile che anche loro si aprano al dialogo e alle relazioni…e non solo in famiglia. Sono infatti convinta che le relazioni famigliari siano propedeutiche a quelle esterne. Tornando alla necessità di creare opportunità di dialogo genitori/figli, la mia esperienza mi dice che non ci sono regole: ogni famiglia terrà conto della propria storia, delle effettive possibilità, dell'età dei propri figli e naturalmente delle personali attitudini. Noi, ad esempio, puntiamo molto sul momento della cena, e non importa se non sempre siamo tutti insieme, perché non si tratta di una riunione di famiglia, ma di rendere il momento della cena, per chi c’è, occasione piacevole per stare insieme e per continuare ad essere riferimento l'uno per l’altro. Questo non è uno spazio dove io insegno, ma semplicemente il luogo in cui condivido la mia esperienza, ed è con questo spirito che vi confido che il tempo a tavola per me è l’occasione non solo di ascoltare le mie figlie, ma anche per potermi esprimere usando soprattutto parole ed espressioni “ponte”, in modo che sia più facile farmi capire ed avvicinarmi a loro, sperando che il mio esempio possa essere utile affinché anch'esse siano poi capaci di usare le stesse espressioni per creare spazi di dialogo con i loro amici o insegnanti. Inoltre, potrà suonare scontato, ma nel momento della nostra cena non mancano mai le parole: “per favore, grazie, prego”. Se non ricordiamo ai nostri bambini che queste parole sono importanti, invitandoli ad usarle quotidianamente a partire proprio dai momenti a tavola, non stupiamoci, se poi crescendo daranno tutto per scontato, tramutandosi in piccoli tiranni. Concludendo, per noi la cena è molto più che alimentarsi: è l’occasione per la condivisione delle nostre gioie e delle nostre preoccupazioni, il momento in cui ascoltare e farci ascoltare, e per le nostre figlie una preziosa opportunità per aumentare il loro potenziale di apprendimento e sviluppare le loro abilità relazionali.
Dimenticavo: se non spegnete la televisione durante i pasti, non funziona! Puntualmente, al termine della scuola, i social diventano il campo di battaglia di due opposti schieramenti: chi sostiene l’inevitabile necessità dei compiti delle vacanze e chi invece li ritieni inutili, se non addirittura dannosi. Per quanto mi riguarda: a Giugno assegno i compiti ai miei studenti (e chiaramente a Settembre li correggo!) e passo i mesi di Luglio ed Agosto ad assicurarmi che le mie figlie eseguano i loro, senza che questo impegno infici i benefici delle meritate vacanze (loro e mie!) …già, perché i compiti possono essere uno stress anche per i genitori, se i bambini non hanno interiorizzato la ragione per cui è importante farli. Eccoci al punto: man mano che i bambini crescono, è importante dare loro delle motivazioni che giustifichino la loro fatica e che faccia loro intuire il vantaggio che ne deriva. Non voglio certo affermare che tutto deve essere fatto in un’ottica utilitaristica, bensì indicare che i nostri bambini affronteranno più serenamente gli impegni scolastici - compiti delle vacanze compresi – se potranno almeno presagire che il compito non è fine a sé stesso, ma pensato per loro e per la loro crescita. E va da sé, che una caterva di compiti non serve a nulla, se l’obiettivo è la crescita dei nostri alunni/figli. Ben vengano dunque i compiti pensati e calibrati sulla base di età e bisogno educativo, che siano un supporto al lavoro fatto durante l’anno, che impegnino i bambini ed i ragazzi per non più di qualche ora a settimana, lasciando loro la possibilità di sentirsi davvero in vacanza e godere perfino di un tempo di “noia” (la cui importanza è purtroppo oggi sottovalutata). Sono contraria (soprattutto come insegnante) a “sommergere” i bambini di compiti, perché può essere davvero controproducente; e anche quando un bambino ha bisogno di eseguire un lavoro estivo di recupero sulle proprie fragilità, meglio pensare ad un lavoro personalizzato, che punti esplicitamente a colmare le lacune più profonde, che gli restituisca anche una certa fiducia nelle proprie capacità di recupero, piuttosto che un lavoro impersonale e generico. Io, ad esempio, nelle mie classi non assegno a tutti gli stessi compiti, bensì prevedo lavori estivi diversi a seconda dei differenti livelli di apprendimento; del resto, se durante l’anno, la scuola ci chiede percorsi differenziati, perché d’estate dovrebbe essere diverso? Come mamma, apprezzo sempre quando, gli insegnanti dei miei figli, oltre ad assegnare i compiti di rito, suggeriscono di usare i mesi estivi per leggere ciò che più interessa. E compito o non compito, ritengo che in questo caso i genitori possano fare molto, proponendo titoli, affiancando i più piccoli nella lettura, offrendo il loro punto di vista su libri letti in passato. Io stessa assegno ai miei ragazzi delle letture estive che siano adeguate alla loro conoscenza del tedesco, preoccupandomi di scegliere dei titoli che possano incontrare l'interesse della maggior parte, sebbene trama e contenuti, nei primi approcci narrativi, passino sempre un po' in secondo piano, poiché lo studente è ancora molto concentrato sulle strutture linguistiche e idiomatiche. Qualunque sia il titolo proposto, ho sempre l'accortezza di leggere un paio di pagine (o addirittura di capitoli) con i ragazzi negli ultimi giorni di scuola, di modo che abbiano un metodo e che capiscano che non è un lavoro al di sopra delle loro capacità. Come già anticipato, non assegno a tutti gli stessi compiti: che senso avrebbe chiedere ad un bambino di leggere un libro in tedesco, sapendo che non ce la farà mai, perché ancora la conoscenza delle strutture più elementari è lacunosa? Sono certa che lo ritroverei a Settembre più affaticato (per lo meno in tedesco), di quanto fosse a fine anno. Non mi interessa affaticare o punire i ragazzi; desidero che imparino la mia materia, non che la detestino! Per cui ad alcuni ho suggerito uno dei classici Sommerheft - un eserciziario per il recupero della grammatica e del lessico necessario per affrontare serenamente il prossimo anno scolastico. Concludo con un aspetto a me caro sul tema "compiti estivi": questa lunga pausa, dove il tempo non appare tiranno, (tre mesi sono oggettivamente un periodo lungo) sono l'occasione perché i figli facciano da soli il più possibile; correggere e far sentire la nostra presenza è importante sempre, ma sostituirsi a loro non è una buona prassi educativa, e l'estate può davvero rivelarsi un banco di prova per la loro autonomia.
Infine, credo che riuscire a tenere una distanza opportuna dai loro compiti scolastici ci permetta di appropriarci di spazi educativi meno accademici. Ben sappiamo che gli spazi di apprendimento non sono solo quelli proposti dalla scuola, ma tendiamo a dimenticarci che i primi insegnanti dei nostri figli siamo proprio noi genitori. La mia esperienza personale mi porta a dire che davvero in estate le occasioni di apprendimento e consolidamento delle conoscenze si moltiplicano, senza bisogno di passare ogni giorno di questa lunga pausa estiva sui libri; pensate semplicemente al fatto che la spiaggia o il bosco possono trasformarsi in laboratori a cielo aperto, o che una passeggiata in bicicletta può essere l'occasione per imparare qualcosa di nuovo sul nostro territorio, o perfino, che una volta ogni tanto, si può stare alzati fino a tardi per vedere tutti insieme un film in lingua straniera....va beh... ammetto che questo ultimo consiglio ve lo poteva dare giusto un'insegnante di lingua2! Se avete commenti o esperienze, su questo tema, sarò felice di leggervi. |
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Aprile 2021
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